BENVENUTI
NEL MERAVIGLIOSO MONDO DI

dove la fantasia non ha confini

Vuoi sapere quali libri vengono pubblicati dalle principali case editrici? Iscriviti a FANTABOOK

Il cerchio  di Isabella Lopardi

Quanto segue è rilevante, poiché io non mi sento respirare. Questa è una identità passeggera. L'esistenza a intervalli mi sgretola, a intervalli mi ricompone. Via via tutto sarà graffiato, via da questo scenario.
E' semplice. Avviene in questo modo. Prendere un piatto da vuotare, sollevarlo, fare il giro delle stanze.Portarlo ancora, nella stanza nella quale lo sollevavo.Poggiarlo poi, nello stesso punto. E poi la ballata si interrompe. Il passo ha diverso ritmo,altra lunghezza.Il corpo muove secondo un altro impulso. Non ha più senso poggiare il piatto. Il piatto non deve più essere vuotato.
Molte vite in una: gocce d'acqua staccate che scivolano, lungo una barra obliqua.
Io una di esse vivo,oggi.
Non posso essere certa di raccontare il vero.Di me non controllo che quanto conosco. Ruote dentate, minute sussistono in ombra , si incagliano. E l'incognito si incunea.
Ho l'allucinazione di un mio fratello, Jox . Occhi tagliati secondo gocce schiacciate e colmi, completamente.
E' sconfinato quanto percepisco : tutto quanto è presente. Tutte queste immagini che seguono , tutte queste immagini coesistono. Con la vita di oggi, uguale che si ripete. Le immagini premono sulla mente,mia mente che minaccia di esplodere.Silenziosamente. Quando il succo di una rapa schiacciata in acqua scende e cade, come inchiostro.
Quanto - a Jox presso di me- PUO'essere accaduto, è scritto, qui di seguito.

Io sono in una stanza, ampia.
Nella stanza non ci sono specchi, ma vedo la mia immagine. A tre dimensioni, ferma a terra. ll mio gemello identico, uguale a me in involucro.Fermo, sul pavimento.Disegnato dalla luce elettrica.
Ci sono piastrelle lisce; una lampada a lato, accesa e affusolata.Sul pavimento tutte le sue ombre si illiquidiscono. Sono discosta, sono cauta. L'arazzo verde copre lo sfondo, la luce schiaffeggia l'arazzo. Vedo da dietro la sagoma grigia. L'ombra mi segna gli occhi. Sono uno specchio che riflette uno specchio, che in esso si riflette. L'arazzo di fronte è rigido.
Jox è accucciato, contratto . Le braccia premono, a terra su marmo,estese e schiacciate;le dita poggiano tutte. Sente che i muscoli tornano elastici. Sente che di nuovo puo' muoversi. Le dita toccano il marmo. Movimenti a scatti delle dita snodano segni. Cerchi egli disegna sulla polvere, in cerchio egli ora si muove. C'e' lo slancio.Il capo si stacca dalla sagoma ed egli lo protende,in alto oltre la luce.
Il capo è invisibile, in ombra. Dissolto, di nuovo in alto. Ora, senza testa,costui è l'ombra. Un' Ombra che ruota sulla parete; si allunga, stretta, filiforme. Spessa come uno spillo. Egli si volta e si volta, disegnato sul fascio di luce.Vedo il gesto che ricade su se stesso. Il viso che capita in luce. Egli è piatto, tutt'uno con il muro.
Si flette, poi si allontana. Io vedo lunghe dita. Dita toccano l'intonaco. Presso il muro, lento Jox SCIVOLA. SCIVOLANDO Jox si accartoccia. Siede, è chino. Gli arti in luce sono incrociati, modellati, come ombra,un altro strato di ombra.Le dita prendono terra.Porta i palmi delle mani sulla lampada. Io posso respirare adesso.In quel punto ho appena raccolto una foglia marrone chiaro.
Quel comunicare privo di suono è palpabile. Costui è il danzatore impassibile, in piroetta. Una pienezza della luce nel buio, buio che puo' essere interrotto. Con un soffio.

La luce è obliqua, nel pomeriggio , nel parco. E' il caso di un incontro. Accalcarsi frontale e parallelo, di scaglie di pirite C'è erba rada nello spiazzo, e cespugli bassi .Lo sfondo èluminescente,ci sono grani in aria. Crusca a vento Si svolge un frammento di secondo.Srotolato.Jox in piedi calpesta foglie.
Gli occhi di colui che è presente agli occhi di Jox si applicano. Il compagno si imbatte nel compagno.I due viventi muovono dai due margini del prato. Pellicole di cellofan , in aria,lette e dissolte dettano i passi mossi. Palmi di mani sono in contatto; passi larghi hanno spinto in poco spazio due esseri. Qualcosa accade. Costui copia in aria da Jox il modo del suo esistere. Il modo che io non ho appreso.Il modo che io ,identica non apprendo.
Essi sono accozzaglie incrostate, che si guardano. Due teste alte sulle spalle si accostano . La luce è schermata da ettolitri di aria solida e ferma .Pesante.Le foglie rifrangono lampi biancastri.
Il nitore non lascia ombre.Due esseri si riflettono l'uno sull'altro Sono proiettati dalla luce che rimbalza
Jox passa le dita, sulle cuciture delle suole dell'altro: le labbra si proiettano all'indietro, ad inumidirsi, e la fronte si distende. L'altro sguardo ne sugge tutti i tratti
Le traiettorie scorrono e slittano.I due camminando passano, transitano e si allontanano. Gli sguardi si slacciano. Sbalzati, da una molla in ferro.Una molla di ferro invisibile. Osservo quanto accade.
L'immagine ha contorni spessi. Segnati in nero lucido.Di quanto deve accadere, tutto è segnato. Su cellofan. In aria.Dove sono i granelli soffiati. E' invisibile, la patina.

Ore sei, mattinata. Jox ora è in casa. .Sa che è nell'atrio.In fondo al largo mobile, aperto in due sportelli solleva una boccia di alcool. Alcool in un recipiente di vetro soffiato, larga ampolla.Vetro avvolto in un panno liscio,pelle di daino sintetica.Il materiale contenuto dal vetro si attaglia come il composto allo stampo. Aderisce, evanescente.
Jox sorregge la boccia con una sola mano piatta. La boccia è stretta al panno, non scivola.Mentre Jox si volta,mentre lo scheletro ruota.Si trova in una stanza; l'aria è fredda, compatta.Poggia la boccia a terra.
Ne accosta il collo alle labbra,la inclina. Il moto è lento,tranquillo.
Poggiato sulle ginocchia, ingoia. Il liquido è aspro, sottile. Scorre e brucia. Non una goccia si versa.Sta bevendo un liquido che è volatile. Ma è come bere piombo Ogni giorno un poco Jox si dissolve nel liquido.Come una bolla nel liquido.
Quella quantità di alcool attraverso le labbra bagna e terge, bagna il palato .Io sono immobile, guardo presso Jox il liquido che scorre; scorre e lede. Dozzine di bocce sono in fila in un angolo, spesso sovrapposte.Vuote.Incrostate dalla polvere.
Lo spazio intorno è vuoto.Verso destra un lenzuolo che si vede. Caduto, a drappeggio.Su di esso è esile la velatura di polvere.Lo stomaco èstrizzato. Sul lenzuolo le braccia allungate scivolano. Tutto il corpo scorre. Longilineo, presso un lembo del lenzuolo. Le dita arrotolano una striscia. La stringono; scorre.
Ecco un corpo supino su pavimento. Avverte mattonelle. Fredde.Un corpo supino su pavimento. Le estremità contro un lenzuolo.A terra. Verso sinistra.Impigliate.
E la stoffa è ferma. La parete gira.
L'alcool decide cio' che deve. L'Alcool cio' che deve essere decide.


Ciò che deve avviene in uno spiazzo. Quando lo lascio egli cade.Sono lontana, indietro sulla strada.Lontano vedo sagome fermarsi e camminare, rapide.Fermo in gelatina, lo sguardo di Jox è lento.Un tremito si produce, ingoia il viso, si blocca plastico,lasciando traccia.In un istante.
Un alito sottile si scioglie, fuori dalla maschera di vetro. E non è caduto: si è afflosciato,i tendini morbidi. Il soffio ha accompagnato le forme. Aria mossa dalle stoffe, flosce come floscio il contenuto. Il naso è in calce pressata,secca.Frammenti di pietra a terra segnano greche sulla pelle. Due si affiancano. Raccolgono Jox,lo sorreggono.I piedi di lui,in due tomaie passano sulla strada. Le pupille lente scivolano da un lato, dall'altro. Gli occhi si dilatano, diluiti riempiono le cavità.Le palpebre sono poggiate sugli occhi. Sugli occhi fiotti piccoli di immagine transitano , hanno barlumi salmastri.Come i ricordi di un vegetale. Avanza sorretto, penzola basso,sfiora l'asfalto in punta di piedi. Le dita restano arricciate, nelle due tomaie. Una caviglia è a picco. Essi scompaiono, dietro una costruzione e sulla destra. Jox si trova in una macchina piccola, ferma per un attimo, oltre il palazzo. Nell'utilitaria egli è stato calato,l'auto è nella strada secondaria, che il palazzo copre. Jox è in coma, e sospeso. Aria ferma, nell'auto. Nell'auto Jox e l'aria sono fermi.E' messa in moto, l'auto. Il clacson è pigiato, di continuo.Jox, sospeso, è altrove.
Il volteggio , congelato è sospeso, fermo nell'attimo dello scivolare. Jox Esiste, staccato.Altrove
Il tutto è purulento, intorbidito in un gorgo. Egli è incagliato.

In parallelo penso, ai fiori presso le aiuole coperti dalle stoffe sovrapposte di una giacca, lunga, leggera. All'umidità delle foglie,basse a terra. Al peso del lino pendente, su di esse. Qualche cosa nella testa io sento spostato . I neuroni che scivolano accanto lasciano di lato il vuoto senz'aria.Un fluido riempie il vuoto. Il fluido porta il suo nome;la teoria dei suoi gesti. sento tronchi e chiome,il doppio incontrato.Il doppio dall'aspetto dissimile.Vedo che dall'uno all' altro era versato un alfabeto di movenze. Se l'alfabeto è decifrabile io lo privo dell' alfabeto. Jox, io ti sto uccidendo.

Poi, Jox dall'immagine immobile.
Jox fermo, fermo da giorni.Su lenzuola premute, intrecciate. Il Fiato passa sulle labbra.Si spruzza di nuovo, all'interno . Tocca appena i vani e rifluisce in un solo gesto, rifluisce. L'alveo di muscoli vibra da solo. Vibra e ingoia aria; l'ugola è pendula, come di gomma.Gli occhi strizzati sono sollecitati a lubrificarsi. Scatti distinti tendono i muscoli ,muscoli sono visibili sottopelle.Tesi poi immobili,e molli.Si dissimulano e appaiono.Di nuovo.
Le fibre ballonzolano, indipendenti, scollegate. Fibre sottili in ammassi,contratte e arrotolate, come di rame elettrico.Le fibre si attorcigliano a singhiozzo. Tu sei movimento senza vita; vita priva di moto.
Poi la schiena arcuata è distesa , scende. Gli occhi invece si voltano e si voltano.
A caso attraccano aeree le entita' vitali, pollini presso tutti i pori.
I pori succhiano, le entita' si innervano. Viene data un attimo una pienezza in prestito.
Traspare il ventre, coperto di strati pallidi, che si gonfia.Se una maschera dà aria, l'aria è assecondata.
..Egli stesso ingoia aria. Ha gli occhi come gocce d'acqua che cadono, poi si ritraggono. Si ritraggono piatte. Questo è il ritmo del sogno spasmodico.
Il vetro che Jox sollevava, il vetro ora lo contiene.Biglia di lattice, è sbalzato da parete a parete. Il contenuto del vetro si attaglia, come stampo a composto.Aderisce.Jox aderisce al cubo che lo contiene.
Contorsionista incuneato.
Ma il cubo è scalzato,come un copricapo.
Intorno una piccola conca di ghiaia è distinguibile Fuori rallentano,le pupille; occhi come uova, palpebre come gusci. Nella conca,sul fondo molte particelle sono intrise di ogni sfumato. Le alghe sono spruzzi solidi di colore.Ed alghe Jox preme , sfilaccia, spalma. Sul viso, in spugnature ritmiche.Calde,poi fredde. Brivido e brivido. Lenta la persona scivola e si schiaccia, sul fondale sminuzzato e molle. Le consistenze sono concatenate, commiste e granulate le une nelle altre. L'Acqua non si ritrae all' immergersi.Il corpo vi accede: è acqua in acqua. La pelle è un sovrapporsi di veli liquidi. Ogni strato di liquido è sottile. Ogni strato come un petalo.Petali d'essere umano, tutt'uno in petali d'acqua.Si dilatano, si raccolgono,schiudono sotto i talloni al passare vetrate sfogliate via, orizzontali.Da ogni passo, infrante e scalzate. Si staccano, sfilano ,sfaldano. Elemento piatto e vivo, egli scalza velature.Da lui si sciolgono strati; Dai muscoli cadono scaglie solide di vetro flessibile.C'è pulviscolo in placche, trito connesso in petali.Veli diversi si sovrappongono, toccano, lasciano si staccano, ancora coprono, avvolgono.E sfilano a lato.

Il compagno in una stanza non lontana si assottiglia e si assottiglia. E' affusolato come in un ricordo.Ho scavalcato le strade che mi allontanavano. E' cio' che Jox ha guardato con le foglie sotto le suole.La figura di Jox lo conforma a se stessa; come creta.Con le mani che delineano foglie ha assicurato le braccia ai braccioli della poltrona, sottile.La stanza non ha che vetrate, che si succedono.
Toccano l'aria di fuori.Fino a qui io ho corso. Era tagliente l'aria. E qui l'aria è bloccata. Convogliata e bloccata.Ci sono corridoi affiancati, dalle pareti di solo vetro.La poltrona secca è l'unico mobile.Essa distende, immobile sul muro un cerchio d'ombra.
A terra forse è del pietrisco. Piuttosto distinguo sferette di creta, appena essiccate. Su di esse sono passati i minuti Il compagno scivolando si è accovacciato ; ha disposto con le unghie, con le dita distese in modo conveniente alcuni granuli. Ha riempito con quattro arti la poltrona appena estesa, dalla copertura arricciata,pendente in basso. Tutti i tendini distesi hanno accompagnato braccia , gambe rannicchiate, riposte ad essere immobili.Ed accanto è disegnata la teoria delle stanze nelle quali Jox da un attimo si è mosso,silenzioso; appena prima , dell'Interruzione . E il compagno si è sentito proiettare verso la finestra, appena davanti ad essa transitavo.E sta con le palpebre sugli occhi.COME UN ALTRO
Sotto le palpebre è presente, in veglia. Io sposto aria camminando, costui poco discosto ne freme, rannicchiato tutto in fondo a una manica.Nel suo capo, in tutte le cortecce le parole sono evaporate.Amuleti privi di senso.Distinto è, distinto resta tra i granelli intatti,allontanati e separati un cerchio vuoto. Una copia del cerchio dei volteggi è a terra. Distesa. E infine quello stomaco si strizza. Per un tremito che non gli appartiene.Come se avesse ingoiato quanto ingoiava un altro.
A lato, il compagno è fermo. Si alza, si tende,equilibrato, su un unico tallone.Una volta si innalza,e salta.Scivola infine, tra i granuli, che rotolano. E' piatto su creta. E' assente. La creta si dispone secondo la sua sagoma. Non ho mai toccato le sue mani.

Scricchiolano come pietre petali materiali. Il mio passo è il suono più forte nello spazio, che ferma ora occupo.Sapere cosa capita a lui è come leggere rivoli di colore ,coagulati, su entrambe le guance.

Chiudo e apro gli occhi. In altro luogo.
Il té per scaldarsi ha bisogno di acqua.Acqua che si scalda;vapore freddo si deposita e si coagula sulla superficie dell'arazzo, nella camera dei volteggi. Vapore freddo illucidisce l'arazzo. Nello stagno traslucido, nelle visioni di Jox lo stagno stesso scompare; intorno a un cerchio vuoto soffi vorticano rotondi.Egli turbina, avvolto da un arazzo, leggero o liquido.L'arazzo è verde, come basse foglie.L'aria da un lato soffia, stringe l'arazzo sulla pelle. E La tela aderisce, si assottiglia.Gambe e braccia sono avviluppate. Un arazzo segue la traiettoria circolare.Come la stanza che occupava è una stanza nella sua mente. Il volteggio non resta congelato a lungo.Per sua natura, si divincola.
Jox è una linea.Linea nel niente. Segnata su tela.Da tutti i lati lo colpisce il rombo di aria che si sposta.Infine, tutto quanto si recupera. E parte della tela attaccata lascia il volto e si stacca.C'è lo schiocco.Il volto cerca aria.
Si definiscono foglie che muovono su foglie.E su foglie egli scivola.
Procede attraverso di esse. E' bersaglio di spruzzi, e gocce sono gli occhi. Gocce che guardano spruzzi.In un'amalgama di cristalli, sferzati a schiaffi.

Sbattere in nulla e schizzare,proiettato altrove.
Apre gli occhi. Gli occhi in luce sono schermati da granuli piatti.
Granuli fitti; poi radi.
Subito le ciglia separate si raggruppano; le ciglia delle palpebre.
Ecco, quanto SEGUE.
E' appeso nel sonno e fuori è l'aria,come era da bambini.Io parallela, incosciente.Incosciente allo stesso modo. Sguardi chiusi schermati,facce frontali. La superficie delle palpebre appare porosa. Può succhiare la luce liquida. Il silenzio è stereo. La veglia è già in programma,attesa. Davanti agli occhi una paratia di stoffa,intagliata. Ci sono lenzuola sugli occhi. Egli di qui di fronte recupera se stesso.Jox scivola in se stesso, di nuovo.Nell'oscurità ,a occhi chiusi e senza suono, nella luce quando sguscia dalle persiane.E quando le persiane sono aperte.
Questo sole è totale.Non puo', abbagliare.
Egli è Jox, essere umano vivo. Occhi tagliati secondo gocce schiacciate e colmi, completamente. Io ne posseggo-accanto- due uguali, uguali a quelli.
Ancora, nel corridoio oltre la parete una lampada si accende si spegne,in corsa. Ancora.

Appannato il lampeggiare continua .Per me sola.
Sono io che apro gli occhi.
Tutto è disarmonico , e ascolto IL MIO RESPIRO.
Io scendo presso i quattro arazzi della stanza quadrata, piccola.
Dove uno specchio mi riflette.
Lo specchio non è connesso nei muscoli di nessuno.
Io guardo da mille anni gli occhi di un gemello invisibile Ma ora accade: l'arazzo verde si squarcia, si alza. Luce impura che compare tutta, è visibile. La stoffa infiammata è incandescente, solo un attimo, per essere soffiata ,dissimularsi. Sul pavimento sono volatili rimasugli di stoffa. Tutto cade. Nella luce temporanea, sorgiva. E gorgoglia appena.
Si ricorda ciò che si è vissuto, si dimentica quanto si è sognato.
Dimenticare e non dimenticare

Isabella Lopardi via Barete, 8 67100 L' Aquila